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Il presente lavoro intende confutare l'interpretazione, oggi quasi universalmente condivisa, di alcuni versi posti da Dante all'inizio della "parte esecutiva" del Paradiso - l'enigma dei quattro cerchi e delle tre croci - e proporne una nuova, descrivendo i concetti teologici che i versi molto chiaramente racchiudono. L'esegesi proposta svela, dopo quasi settecento anni dalla morte del poeta, l'abbagliante luce che quei versi emanano. Perché essi non sono stati compresi da tanti illustri studiosi in questi sette secoli? Tali concetti sono da considerare alla base del pensiero dantesco, da Lui anticipati, assieme a molti altri, di oltre settecento anni, e tuttora poco condivisi. Oggi, forse, i tempi sono maturi perché possano essere, se non accettati, almeno individuati e compresi.